Per comprendere la storia e l’essenza della città di Monterchi e del suo costume negli sbandieratori risulta necessario intraprende un viaggio tra iconografia cristiana, mitologia antica e documentazione d’archivio.
Il mito antico emerge fin dal nome della città Monterchi che deriva dall’espressione latina “Mons Herculis” (il Monte di Ercole). La figura dell’eroe non si limita a dare il nome al luogo ma è anche rappresentata nello stemma cittadino che, riconosciuto con D.P.R. del 20 settembre 1977, si compone da uno sfondo rosso con prato erboso verde e rappresenta Ercole, vestito di pelle di leone, che trattiene con l’atto di colpire con una clava e sconfiggere un drago alato dalle forme tradizionali e araldiche, a seconda delle versioni, della viverna o dell’idra. Presso la Galleria degli Uffizi, a firma di Antonio Pollaiolo è presente un dipinto di grande forza e bellezza che rappresenta Ercole e l’Idra di Lerna, con una composizione molto simile allo stemma della città della Valtiberina.
Nella mitologia greca Eracle, poi Ercole nella mitologia romana, figlio di Zeus ed Alcmena, dovette affrontare le famose dodici fatiche mentre si trovava al servizio di Euristeo. Quest’ultimo era re di Tirinto e di Micene ed il suo destino regale era stato favoreggiato da Era, moglie di Zeus, in danno del vero re Ercole. L’ordine di servire Euristeo era stato impartito niente meno che dall’Oracolo di Delfi, mentre la natura delle fatiche erano scelte dal re in persona non tanto per portare un vantaggio al regno, quanto per assicurare la morte dell’eroe. Nella prima fatica Eracle dovette uccidere il leone che tormentava la popolazione della città di Nemea. La creatura spaventosa apparteneva ad Era ed aveva la pelle impenetrabile dalle armi. L’eroe riuscì nell’impresa strangolando a mani nude il mostro per poi indossare la sua pelliccia come dimostrazione di forza. Nello stemma di Monterchi, infatti, l’eroe viene rappresentato con la propria leonté cinta nelle spalle e nella vita. Nella seconda fatica l’eroe affronta, invece, l’Idra, un essere, simile ad un serpente marino, velenoso e con nove teste che viveva in una palude e terrorizzava la città di Lerna. La famosissima caratteristica del mostro era quella di poter far crescere due teste per ogni testa che l’eroe riusciva a tagliargli. La fatica venne portata a termine grazie all’aiuto di Iolao che, seguendo l’azione dell’eroe, con del fuoco cauterizzava i colli appena tagliati dell’Idra, impedendo la ricrescita delle teste. Il legame tra la città e il mito può essere ricondotto al fiume Cerfone di Monterchi, anticamente luogo di culto legato alla purezza delle acque. Infatti, in epoca romana Ercole era una figura protettrice delle acque, proprio per la sua fatica contro l’Ira che era un mostro capace di rendere i luoghi paludosi e velenosi.

Lasciando il mito per la religione, la città di Monterchi è famosissima per l’affresco della Madonna del Parto di Piero della Francesca, databile nella metà del Quattrocento. L’opera raffigura la Madonna in un momento delicato come quello della gravidanza, nel quale il corpo di Cristo è presente, pur indirettamente, in una veste ideale. Piero della Francesca propone quest’immagine cristiana, arricchendo la figura centrale con il posizionamento simmetrico di angeli e drappeggi e realizza l’affresco nella città natale della propria madre, con ulteriore riferimento alla maternità. Nel corso dei secoli, le variazioni architettoniche del luogo dell’affresco nell’antica chiesa di Santa Maria di Momentana, già di Santa Maria in Silvis e un terremoto, condussero la Madonna del Parto in un oblio. Il capolavoro trovò poi nuova luce ed importanza con la riscoperta di Vincenzo Funghini nel 1889.
Storicamente, invece, Monterchi viene citata per la prima volta in un atto di donazione del 1095. Il territorio, infatti, era un feudo dei marchesi del Monte Santa Maria, i quali poi nel 1194 lo cedettero Comune di Arezzo insieme a tutto il plebato di Sant’Antimo in Val Tiberina.
Tra l’ardore erculeo e la delicatezza mariana, indossare il costume dell’Associazione Sbandieratori di Arezzo dedicato al comune di Monterchi richiede un’importante forza ed eleganza.

Riprendendo i colori dello stemma cittadino il costume si divide verticalmente in due parti di eguale grandezza, una di colore verde e l’altra di colore rosso e con la manica sinistra verde e quella destra rossa alternate rispetto al busto. Nella parte sinistra del petto si trova su campo verde lo stemma cittadino che ritrae l’Ercole contro il drago. Le fantasie di passamaneria color oro sulle maniche, così come la fantasia posta in fondo al costume, seguono line curve ripetute geometricamente. La calzamaglia nel tempo è stata sia di colore totalmente rosso che divisa a metà, con i colori verde e rosso alternati rispetto alle maniche. Il borsetto è di colore verde con il lato di chiusura in stoffa rossa. Infine, il costume si compone di un cappuccio giallo con il collo arricchito di triangoli bianchi che si appoggia sul petto con una forma triangolare dalla lunghezza contenuta, elemento nel quale può essere visto un richiamo alla pelliccia del leone indossata da Ercole e simbolo di forza.
La bandiera rispetta la ratio del costume e si colora con una cornice gialla e di un aperto campo rosso percorso da line curve verdi, mentre lo stemma dell’Ercole si trova disegnato al centro del drappo. Una simpatica coincidenza tra mito e realtà si realizza nel momento in cui lo sbandieratore impugna la bandiera di Monterchi, con la stessa posizione ed ardore con cui l’Ercole impugna la clava nello stemma disegnato sul drappo.
Quasi in antonomasia il costume di Monterchi è stato sempre legato alla figura di Mario Boncompagni, attaccatissimo per nascita e per famiglia prima al territorio della città e successivamente ai colori del costume e della bandiera degli sbandieratori.
Il costume è stato indossato in ogni parte del mondo e si citano, tra le tante: Hong Kong, New York, Parigi, Edimburgo, Vienna, Alcoy, Tortosa, Oviedo, Medina del Campo, Sibiu, Montbeliard, Nizza, Albertville, Bourg-en-Bresse, Andilly, Waldkirch, Oswiecim, Sarajevo, Arkangelsk, Sudafrica, Città del Vaticano, nonché le numerosissime trasferte in Italia, ad Arezzo e tutte le Giostre del Saracino.
In chiusura un’ultima riflessione. Tra le dodici fatiche di Ercole, quella rappresentata nello stemma di Monterchi è l’unica delle fatiche portata a compimento dall’eroe grazie all’aiuto di un compagno. Tale caratteristica si coniuga perfettamente con il ruolo dello sbandieratore che può portare la propria forza ed eleganza in piazza solamente collaborando fedelmente con i compagni e raggiungendo un risultato dai connotati sempre corali. Sul punto, tra l’altro, merita di essere citato l’aneddoto della genesi sartoriale del costume. Comunemente il costume di Monterchi viene associato a Mario, ma le prime forme e misure sartoriali vennero prese sull’altro celebre sbandieratore Marco Donati (il Tonz), il quale fu il perfetto Iolao per Ercole…aggiudicandosi anche un costume su misura.
da “L’Alfiere” – n. II – 2025, pagg. 10-11
Lorenzo Diozzi