Con sessanta trasferte fra il 1975 e il 2015, il territorio francese risulta quello più calcato dal Gruppo Sbandieratori. Praticamente non c’è sbandieratore, tamburino e trombettiere che non abbia partecipato ad un evento transalpino e per molti anni (ben 17 edizioni) il celeberrimo carnevale di Nizza, con la sua battaglia dei fiori, ci ha visto protagonisti. Chi scrive poi ha esordito da ragazzino nel 1989 a Saint Priest e, dal momento che nella vita mi occupo di storia contemporanea, non è irrilevante aver cominciato proprio lì dove si celebravano i due secoli dalla Rivoluzione francese.

Proprio questo rimando storico così importante per la auto rappresentazione e i valori dell’uomo moderno mi consentono di precisare fin da subito un aspetto importante delle trasferte in terra francese: la profonda attenzione alle rievocazioni del passato, come solo nel nostro paese e in Spagna è possibile ritrovare in Europa. Questo non può stupire se ci ricordiamo che stiamo facendo riferimento al luogo dove è nato il concetto stesso di nazione: un popolo, una lingua, una monarchia ed una religione, alla base della costruzione di una entità statuale che per queste caratteristiche ha dato il volto all’Europa che conosciamo.

I principali elementi delle manifestazioni alle quali negli anni abbiamo partecipato sono stati perciò sia il medioevo in armi e la sua vita civile ed agreste, sia feste religiose, sia il folklore (danza e musica). Ma non va dimenticata la profonda vocazione agricola di un Paese che fa delle feste del vino e della vendemmia dei momenti più che di celebrazione ma di vero e proprio orgoglio identitario. In varie occasioni infatti abbiamo preso parte, nella vastissima campagna francese, a manifestazioni incentrate proprio sulla vendemmia come il più importante momento dell’anno per piccole comunità locali che su tale attività si reggono da secoli. C’è stata una occasione nella quale abbiamo partecipato ad una rievocazione storica in una località dove del passato seicentesco si ricordava più con sdegno che con orgoglio il personaggio che contribuì a rendere celebre il luogo: il cardinale Richelieu (con la sua cupa baldanza controriformistica ai tempi di Luigi XIII) e la oscura vicenda del paese di Loudun, posseduto dal demonio. Si tratta in effetti di una vicenda tristemente nota solo ai conoscitori di quel periodo storico così peculiare e luttuoso della caccia alle streghe che, dopo la fase medievale, tornò in auge – soprattutto nella Francia di Richelieu – proprio nel XVII secolo. Le ragioni vanno ricercate nel tentativo di parte cattolica di contrastare la “eresia” protestante. La comunità di Loudun era proprio al centro di una più vasta penetrazione ugonotta nella regione che giunse non soltanto a dividere la popolazione ma a identificare proprio in quella parte di territorio l’inizio della strategia di riscossa del cattolicesimo francese al sostegno della monarchia, durante il dominio politico del cardinale Richelieu. Loudun era, come oggi, una piccola località ma nell’intera regione vennero bruciate più di quattrocento donne accusate di stregoneria. Loudun fu al centro di un discusso e intricato caso di isteria collettiva: un prelato venne accusato di aver stipulato un patto col demonio e di aver portato alla possessione le suore di un locale convento. Durante i processi al prelato, Urbain Grandier, che alla fine venne torturato e condannato al rogo, dove morì il 18 agosto 1634, Satana stesso “testimoniò” per bocca di una suora, Giovanna, che raccontò di aver fatto un patto con il curato Grandier che avrebbe ottenuto fama e il potere di schiavizzare sessualmente le donne in cambio della sua anima. Al di là della vicenda specifica, Loudun rimane il simbolo della riscossa cattolica della Francia del Seicento contro il protestantesimo e il diffondersi dell’eresia, e le celebrazioni di oggi rappresentano una particolare forma di conservazione della memoria di un passato doloroso dove le popolazioni si trovavano esposte alla forza della ragion di stato che si incontrava col fanatismo religioso piegato alle necessità della politica. La nostra esperienza in questa piccola località risale al giugno del 2000 ed ha rappresentato uno dei momenti nei quali il gruppo ha presenziato ad un rito fortemente catartico, dove intelligentemente con la festa di oggi si mette in guardia dai fanatismi e si contrasta la violenza politica.

Delle tante esperienze francesi vanno ricordate certamente la partecipazione a Versailles alla presentazione ufficiale del campionato del mondo di calcio del 1998 ma soprattutto l’importante kermesse del carnevale di Nizza, per anni punto fermo delle nostre trasferte. Si tratta certamente di un appuntamento prestigioso, dove si incontrano gruppi musicali, majorettes e ballerine provenienti da moltissimi luoghi. Le sfilate sulla Promenade des Anglais, fra le più lunghe e impegnative possibili, vengono sempre ripagate da un impatto con il pubblico davvero prorompente.

È in quei contesti che la stanchezza del suonare e dello sbandierare per ore viene rintuzzata dall’entusiasmo che si riceve dalle ali di folla che ti circondano. Unico elemento di odioso disturbo, la “perfidia” dei bambini che prendono di mira i poveri tamburini che, con le mani perennemente impegnate, non possono scrollarsi di dosso (e soprattutto dalla faccia) le stelle filanti spray, diavoleria del carnevale contemporaneo. Da tamburino quale sono, ricordo di essere stato preso di mira sistematicamente da un gruppetto di ragazzini mentre suonavamo in sfilata da fermi. Risultato: presi di mira occhi e bocca, da qualche metro di distanza, si viene rapidamente coperti di schiuma plastica fosforescente ed è proprio lì che la volontà di rappresaglia e di improperio raggiungono vette siderali e inesplorate.

Questi, miei pazienti lettori, sono gli episodi che dimostrano l’incompletezza dell’adagio consueto “sbandieratori scuola di vita”, dal momento che andrebbe corredato con un “…e di pazienza”!

da “L’Alfiere” – n. I – 2019, pagg. 8-9