Sabato 10 febbraio presso la sede dell’Associazione Sbandieratori si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di un libro dedicato ai movimenti di bandiera degli Sbandieratori di Arezzo. Tale primo volume intitolato “Sinossi del gioco di bandiere della scuola aretina” si propone di essere una base di partenza per rendere omogenei i movimenti corali del gruppo e per insegnare i movimenti ai nuovi entrati. Durante la presentazione hanno preso parola molti degli sbandieratori impegnati attivamente nella attività di ricerca, codifica e descrizione dei gesti di bandiera. Tra una domanda e l’altra abbiamo raccolto le loro parole così da accompagnare la lettura del libro.

Come nasce l’idea e perché è stata scelta la forma di un libro che unisce testo e fotografie?

Giovanni Bonacci: “Oggi andiamo a colmare una lacuna. Gli insegnamenti dei nostri predecessori fino dagli anni ’50 sono stati sempre tramandati oralmente, mentre oggi ci siamo impegnati nel produrre una scrittura. Questo anche per evitare la nascita di difformità”.

Stefano Martini: “Il libro nasce dall’esigenza del mettere per iscritto la tecnica del maneggiar l’insegna, dello sbandierare. Il nostro gruppo per oltre sessanta anni ha tramandato questa tradizione solo verbalmente. Questo ha portato a delle modifiche, anche impercettibili agli occhi del pubblico, ma non ai nostri. Abbiamo sentito la necessità di mettere in un libro la tecnica, anche per poter insegnare nel modo migliore possibile ai nuovi ragazzi. La squadra del libro è stata incredibile e li ringrazio. Prima abbiamo fatto un elenco e poi abbiamo provato e riprovato per trovare la tecnica che rappresentasse nel mondo più federe quel movimento per poi capire come tradurlo in chiave scritta. Abbiamo messo anche dei cenni sulle regole comportamentali, un punto al quale noi più anziani teniamo molto. L’educazione, il rispetto e lo stile ci contraddistingue da sempre e anche i nostri ragazzi devono saper rappresentare il gruppo, la città e l’Italia. Questo anche nella vita comune nella quale siamo identificati come sbandieratori”. Ha continuato poi parlando delle fotografie presenti nel libro: “Era necessario abbinare le foto a quello che abbiamo scritto, questo per mostrare una idea e fermarla in un modo ben preciso. Ringrazio Daniele e Massimo che si sono prestati come soggetti per le foto. Abbiamo scattato migliaia di foto e poi ne abbiamo estrapolate solo le migliori per ritrarre ogni singolo passaggio descritto”.

Nel libro ci sono scelte lessicali precise. Come si è giunti a questo risultato?

Giovanni Bonacci: “Sono io il colpevole della scelta lessicale “sinossi” nel titolo. Qualcuno mi ha detto di essersi ammalato di sinossi da piccolo e di esserne guarito. Sono stato io a sceglierla, scartando parole come manuale o compendio. Al libro hanno lavorato ragazzi di varie età che nel libro ringraziamo dettagliatamente, così come sono da ringraziare i vari sponsor grazie ai quali il gruppo può godere di un grande aiuto. È stato un lavoro a molte mani, tutti nel gruppo hanno dato un aiuto”.

Quali sono gli aspetti tecnici del codificare i movimenti?

Stefano Giorgini: “Nei vari confronti su ogni movimento c’è sempre stato da discutere perché i movimenti nel tempo hanno subito delle modifiche. Ogni anno quando entrano i ragazzi nuovi, prima dell’esistenza di questo libro, gli insegnanti hanno mostrato i movimenti ai giovani in minima parte personalizzandoli. Nel libro invece troviamo una descrizione che frutto del confronto tra tutti, tanto su movimenti storici, quanto sui lanci più moderni”.

Carlo Lobina: “Quando sono entrato nel 1968, pur vivendo il gruppo dalla fondazione del 1960 grazie a mio fratello, la Ferrari correva le proprie gare con il modello 246 S, oggi corre con le Ferrari F8. Qual è quella più bella? Sono entrambe eccezionali. Indubbiamente se io dovessi comprare comprerei quella di oggi, perché rappresenta il contesto che sto vivendo. Però quella di oggi nasce dalle conoscenze della storia della Ferrari. Il gruppo di oggi esprime nei movimenti, nella velocità, nelle coreografie una evoluzione costante dei tempi. Altro esempio è la danza moderna che non può prescindere dalla conoscenza e dai movimenti della danza classica. Nel rispetto della crescita del gruppo bisogna tenere sempre presenti quelle che sono le origini. Era necessario ricatalogare i movimenti, non per essere legati a quel movimento, ma perché imparandolo nella sua concezione ed idea originaria si riuscisse poi a reinterpretarlo e renderlo omogeno in forma collettiva. Ben vengano le innovazioni, ma non possono che essere ancorate alle prime manifestazioni del gruppo. All’inizio il gruppo è cresciuto e si è rinnovato talmente velocemente che non c’era la possibilità di catalogare certi movimenti. Poi sono entrati gruppi di ragazzi validi che hanno creato coreografie nuove rispetto a quelle che c’erano all’inizio. Basta guardare l’esibizione di una Giostra del Saracino di oggi, rispetto a quella di cinquant’anni fa.  Non si possono fare paragoni e bisogna riconoscere che il gruppo è cresciuto notevolmente, però è anche necessario che ogni tanto ci si fermi ad acquisire il movimento nella sua originalità”.

In che modo un testo di questo tipo impatta su chi è sbandieratore in questo momento e su chi lo sarà in futuro?

Stefano Giorgini: “Il libro aiuta i preparatori ad approcciarsi ai ragazzi nuovi e insegnargli i movimenti avvicinandosi quanto possibile alla perfezione. L’utilità si vedrà poi anche nei saggi in piazza con il pubblico. È di indubbia bellezza vedere dieci o più persone eseguire gli stessi movimenti e lanciare alla stessa altezza. Ci servirà tantissimo”. Stefano Giorgini ha poi continuato parlando del fatto che l’essenza di un buon sbandieratore non risiede solamente in una codificazione dei movimenti: “Sono contento di questo libro e bisogna seguirlo alla lettera. Lo sbandieratore ha però anche bisogno di fantasia. Faccio un esempio sullo sport: un giocatore come Messi ha bisogno di fantasia per eseguire delle performance differenti”.

C’è un rischio nel codificare i propri movimenti in un panorama italiano nel quale coesistono numerosi altri gruppi sbandieratori?

Carlo Lobina: “Il gruppo di Arezzo è nato inizialmente come rappresentazione collettiva, poi nell’idea del professor Dini è partita l’idea del diffondere questa esperienza a tutti i gruppi di Italia. Grazie a lui sono nate la Federazione Nazionale e la Federazione Internazionale degli antichi giochi della bandiera. Lo scopo del gruppo di Arezzo non era solamente quello di sviluppare una tecnica propria da conservare e da nascondere, ma era proprio quello di estenderla ad altri gruppi che sono venuti ad imparare da noi. Alcuni nel tempo si sono dimenticati di questo primo rapporto con noi e si sono anche appropriati di alcuni termini, ma questo a noi non deve interessare, noi dobbiamo fare tesoro della nostra unicità e quindi far diventare la nostra scuola una tradizione che si sviluppa nella città di Arezzo. Averlo messo nero su bianco non fa altro che farci riprendere la strada che avevamo tracciato. Dobbiamo avere la forza di dire questa è la nostra storia, se agli altri gruppi fa comodo possono utilizzarla ma senza spacciarsi per quello che non sono. Pubblicare un libro ci dà la possibilità di avere un punto fermo da far valere. Più verrà diffuso più sarà ricca la nostra storia”.

da “L’Alfiere” – n. I – 2024, pagg. 10-11

Lorenzo Diozzi