Incontrata nel corso della nostra trasferta in Brasile dello scorso anno, la signora Luciana ha fin da subito trasmesso quella carica di simpatia e di empatia che, nel breve tempo a disposizione, ci hanno consentito di scambiare con lei, in modo diretto ed amichevole, notizie, informazioni e curiosità dei rispettivi paesi. Siamo quindi rimasti in contatto e recentemente si è resa disponibile a rispondere ad alcune domande in merito alla figura di immigrato italiano all’estero ed in particolare in Brasile, da pubblicare, nella forma di intervista, nel nostro giornale. È con estremo piacere che la proponiamo quindi ai nostri soci e a tutti coloro che ci seguono, anche nei social.
Ringraziamo ancora la signora Luciana, invitandola a farci visita ad Arezzo, magari in concomitanza della nostra Giostra del Saracino, in modo che le emozioni che noi abbiamo provato ad esportare nella trasferta a Curitiba, possano essere vissute interamente con la visita della nostra splendida città.
Come si “vive” il ruolo di immigrato italiano all’estero? quali sono le difficoltà, quali i sentimenti e quali i rapporti con il paese ospite?
Sono nata in Brasile, da un padre lucano e madre di origini venete. Quindi, non sono un’immigrata, anche se sono cresciuta nell’ambiente della comunità italiana di San Paolo, che è immensa e ha tante realtà diverse. Non solo generazionali, ma anche di reddito, di provenienza ecc. Soltanto nella regione metropolitana di San Paolo vivono più di 120 mila cittadini italiani (una popolazione comparabile a Bergamo o Pescara) e oltre sei milioni abitanti di origine italiana. È impossibile fare, pertanto, un solo ritratto. Se posso generalizzare, direi che gli italiani si sentono totalmente a casa in Brasile, pienamente integrati nel tessuto sociale ed economico del paese. Nel centro-sud del Brasile gli italiani sono dappertutto, dai lavori più semplici alle cariche istituzionali più alte.
In che modo è percepita (e se lo è) la vicinanza della “madre patria”?
Le diverse zone con grande concentrazione di immigrati italiani in Brasile (tutte nel centro-sud) erano delle piccole Italie fino alla Seconda Guerra Mondiale. Purtroppo, la politica del governo di Getúlio Vargas in quel periodo proibì l’uso della lingua italiana (e anche del tedesco e del giapponese) e chiuse tutte le scuole italiane (solo nello stato di San Paolo ce n’erano più di un centinaio). Durante praticamente 40 anni l’italianità rimase nascosta, quasi dimenticata, anche se privatamente ogni singola famiglia o comunità la viveva a modo suo. Solo a partire dagli anni novanta del secolo scorso l’idea di appartenenza a questa “madre patria” cominciò a risorgere. Oggi gli oriundi sono molto orgogliosi di essere figli della civiltà italiana.
Cosa fa e cosa vorreste fosse fatto dall’Italia per gli immigrati? Ed in particolare per gli immigrati in Brasile?
L’Italia fa molto poco. Forse perché è sempre stato generoso nell’attribuire la cittadinanza ai discendenti, lo Stato italiano non ha una politica di “manutenzione” e “potenziamento” di questa enorme risorsa che è l’italianità sparsa per il mondo. È un soft power importantissimo, ma pochissimo esplorato. In Brasile, l’Alliance Française ha 39 centri, l’Istituto Cervantes (Spagna) ha nove grandi centri e il Goethe Institut (Germania) ne ha sei. Sapete quanti Istituti Italiani di Cultura operano in Brasile? Solo due! Studiare italiano in Brasile è per pochi fortunati perché i costi sono alti.
Attraverso quali canali tenete contatti con i connazionali in Brasile? Avete contatti anche con le altre comunità italiane nel mondo?
Oggi abbiamo uno strumento meraviglioso a disposizione rappresentato dalle reti sociali. Infatti, con i social possiamo mantenere un contatto più stretto con le collettività di diversi punti del paese e anche con quelle in Argentina, Uruguay, Stati Uniti ecc. Le associazioni hanno anche loro un ruolo importante; quelle più organizzate creano sempre possibilità di scambio tra le comunità di diverse parti del mondo.
Che cosa è e cosa fa il MAIE?
Il MAIE è figlio dell’associazionismo di volontariato italiano nel Sudamerica. È stato fondato da membri delle collettività dell’Argentina, Brasile ed Uruguay. Uno degli obiettivi fu quello di dare un veicolo per l’espressione politica delle nostre comunità alle elezioni politiche italiane, considerando che dal 2006 gli italiani residenti all’estero possono eleggere i propri rappresentanti in Parlamento. Il MAIE è l’unico movimento indipendente dai partiti “romani” con rappresentanza parlamentare. I problemi degli italiani all’estero non dovrebbero essere dipendenti da ideologie o schieramenti. E il MAIE si presenta esattamente come rappresentante delle nostre comunità senza dover seguire l’agenda ideologica e programmatica dei partiti italiani.
da “L’Alfiere” – n. I – 2023, pagg. 2-3
Carlo Lobina