La storia che vogliamo raccontare in questo numero de l’Alfiere non parla propriamente di bandiere, tamburi, saggi o lanci mirabolanti, né di corteggi storici o tornei medioevali, anche se ciò è un po’ all’origine di tutta la vicenda. Soprattutto perché parte tutto da uno sbandieratore, Ridolfi Roberto, il Berto per tutti e del quale abbiamo tracciato anche un breve ritratto in una precedente uscita del giornalino.

Incontriamo il Berto e Rita Hopkinson, io e Carlo Lobina, nella loro casa all’ultimo piano di un palazzo in zona S. Donato, parlando davanti a una collezione di meravigliose e inedite fotografie, quasi tutte in bianco e nero, a testimoniare quanto lunga e datata sia la storia. Anzi la “loro storia” perché di questo si tratta, visto che nel 1962 durante la trasferta del Gruppo Sbandieratori in Inghilterra, precisamente ad Harrogate, il Berto conosce Rita …e nel 1964, trasferitasi lei in Italia, lo sposa e dopo quasi ormai sessanta anni sono qui a raccontarci questo viaggio insieme. E lo facciamo con tutta la delicatezza e le attenzioni possibili, ascoltando con rispetto questo che è un racconto di una vita in comune, fatta di amore, sacrifici, soddisfazioni, alti e bassi come in tutte le coppie, tutti segnali questi che traspaiono da come, di tanto in tanto, ancora incrociano fra loro gli sguardi.

Rita allora, nel 1962, era poco più che una ragazzina di 17 anni che volendo scherzare con una amica volle conoscere questi ”strani italiani” con le calzamaglie e i costumi colorati che lanciavano in aria le loro bandiere. Li conobbe così a fondo che volle presentare alcuni di loro – fra i quali il Berto ovviamente – a suo padre Jack, il quale, indaffarato sotto la propria automobile, porse velocemente la mano piena di olio al nostro eroe, rituffandosi poi nelle sue attività meccaniche. Al che il Berto pensò: “cominciamo bene!!” E non finì lì, perché da buon padre di famiglia, Jack fece intendere a Rita che non doveva perdere tempo con questi italiani che “dormono con le galline sotto il letto!!”

Ma Cupido aveva già fatto la sua scelta e Rita non si perse d’animo. Nel 1963, cioè un anno dopo, venne in vacanza in Italia, incontrò di nuovo il giovane sbandieratore, dopo che lo stesso, per tutto il periodo precedente, aveva inviato tutti i giorni, una cartolina dall’Italia alla sua Rita, con scritto “J love you” così tanto tenace ed innamorato, che il postino inglese sorrideva ogni volta che consegnava la preziosa missiva alla famiglia.

Nel 1964, dopo aver raggiunto la maggiore età, superando così la persistente e tenace contrarietà del padre, Rita si trasferisce definitivamente in Italia e sposa il suo “bel moro” italiano, complici l’aiuto e il sostegno del compianto Padre Caprara, officiante e del Professore Vittorio Dini testimone. C’erano infatti ostacoli non da poco da superare: la lingua, le abitudini, lo stile di vita, la religione addirittura – Rita essendo protestante – ha dovuto “convertire” il suo credo per poter essere sposata con rito cattolico.

Da lì poi è stata tutta una conquista, un traguardo dopo l’altro, una avventura costruita giorno per giorno con costanza, pazienza e ..naturalmente tanto amore Si stabiliscono inizialmente  a casa del Berto, con la sua famiglia. Rita trova un lavoro, prima provvisorio, poi definitivo presso la Camera di Commercio, nascono due splendide figlie –  Stefania poi Elena – il Berto continua il suo impiego al Fabbricone prima, poi alla Sacfem ed ovviamente anche a sbandierare. Rita si integra perfettamente con il Gruppo, frequenta la palestra, conosce altre fidanzate e mogli dei ragazzi, li segue insieme ad altre, anche a qualche trasferta.

Illuminante la sua testimonianza: mi hanno accolto come una figlia. Mio suocero, il Mucco, così chiamato a Colcitrone, quartiere da cui proveniva, mi ha insegnato tutto: l’italiano, mi accompagnava in giro per i negozi a fare la spesa; mi ha fatto imparare a mangiare “le aringhe”,  a bere il vino, io che facevo colazione con eggs e bacon !! Mi ha fatto conoscere lo “scaldaletto” Con mia suocera “La Cocca” ho imparato a fare “cappelli di maglia”.

Ed anche il Berto ha fatto la sua parte. Sempre attento, premuroso, innamorato, ha accompagnato la sua Rita in questo splendido viaggio, facendosi alla fine anche amare ed apprezzare dai “titubanti” suoceri inglesi. La mamma di Rita, Joan, dopo la perdita del marito e di un amato figlio, rimasta sola, è stata convinta a venire e a stabilizzarsi proprio ad Arezzo, in casa dei coniugi Ridolfi-Hopkinson, quasi come in una sorta di scambio e percorso a ritroso nel tempo e qui è deceduta nel 2018, ad oltre 90 anni di età. Ed il fratello di Rita, esperto cavaliere in patria, prematuramente scomparso, grazie al Berto, durante una sua permanenza in Italia di diversi anni fa, partecipò alla Giostra del Saracino come Cavaliere di Casata per il Quartiere di Porta Crucifera. Quasi un passaggio di testimone con lo Sbandieratore!!

Questa è la storia che abbiamo voluto far conoscere ai nostri soci, lettori, amici, simpatizzanti. Tutto nato da un “tomorrow” scambiato per “bel moro”. Anche questo sono gli Sbandieratori di Arezzo.

da “L’Alfiere” – n. II – 2021, pagg. 4-5