C’è profumo di fiori freschi in casa e Matteo è in piedi davanti allo specchio che si annoda al collo il fazzoletto con i colori del cuore; nel guardarsi i suoi occhi tremano e brillano di attesa, sono compiaciuti nel rivedere ancora una volta quel simbolo di appartenenza, lo stesso che il nonno gli aveva regalato in un giorno di Giostra, quando era solo un bambino dalle ginocchia sgarrupate. Giorgia, invece, non sa ancora scegliere in quale dei tanti locali del centro farà il tifo, seguendo la diretta dalle tv allestite per l’occasione; Martina e Laura patteggiano per altri quartieri, ma l’amicizia non inciampa sulle diversità, anzi, riflette un sentimento comune di gioia e di festa atteso ormai da mesi. Anche Claudia, che alla Giostra del Saracino non è poi così affezionata, ha deciso di percorrere le vie del centro e guardare almeno lo spettacolo della sfilata, perché in fondo è così, le tradizioni si radicano in noi più di quanto non osiamo credere e, in ogni caso, i cavalli nella loro maestosa presenza scenica le piacciono moltissimo. Steven è la prima volta che compie un volo dall’America all’Italia e Arezzo rientra nelle tappe del suo ampio tour culturale: la Nikon in spalla è pronta a catturare ogni scena di quel torneo che, da lassù sugli spalti, è per lui ancora tutto da scoprire. La signora Anna, invece, è da giorni che racconta al nipotino Paolo quanto, da giovane, si fosse invaghita di lui, il ragazzo dai capelli ricci e mori che suonava la tromba nel gruppo dei musici e, mentre quei ricordi tornano a scioglierle il cuore di tenerezza, Paolo sbatte le bacchette sul tamburello appena acquistato, facendo eco alle note che, in lontananza, preannunciano l’inizio della gara. Sono tutti col naso all’insù gli spettatori di piazza e ammutoliti quelli di fronte alla tv, le bandiere stanno prendendo quota e tutti si aspettano qualcosa di magico. Nessuno fiata, parlano gli occhi sognanti del pubblico di fronte alle evoluzioni degli sbandieratori; qualcuno fa già gli scongiuri, qualcun altro si abbraccia, altri ancora cantano in coro l’inno del proprio quartiere. L’inizio della Giostra è ormai vicino, tra poco la piatta lizza di terra bruna verrà scossa dalla polvere sbalzata in aria dai cavalli e dai calzari dei figuranti in tuta medievale che, dopo il passaggio del fantino, si affolleranno sulla pista a rilevare per primi il punteggio toccato dalla lancia. Vista dall’alto Piazza Grande è un tripudio di colori e alle finestre delle case-torri e del Palazzo delle Logge si sbracciano tifosi di tutte le età; una marea in fermento che alle prime parole dell’Araldo retrocede ad una silenziosa e composta moltitudine. Quando ad Arezzo “è aria di Giostra” lo è per tutti, aretini o forestieri che siano, lo è per chiunque si trova a solcare le strade del centro storico abbellite dagli stendardi dei quartieri. A causa dell’emergenza Covid-19 l’edizione del prossimo giugno non potrà avere luogo nella bella Piazza aretina, che è sì Grande, ma soprattutto vuota a causa del lungo periodo di lockdown e una nota amara suona davvero potente, ora che la normalità ha cambiato i propri connotati e ce li ha imposti a forza. Gli aretini, però, sapranno conservare dentro di loro le gioie provate nel fare squadra, le emozioni vissute in un’Arezzo affollata di gente pronta a fare festa e, non c’è dubbio, che sapranno ravvivare quelle stesse sensazioni al momento opportuno, per rimetterle in campo, per tornare a provarle, finalmente, tutti insieme. Tenete caldi i motori aretini, il vento della Giostra tornerà presto a sventolare le bandiere.

(I nomi e le storie citate sono di pura fantasia)