Strano mondo quello dell’associazionismo. Forse ancor più spesso di quanto accade nel mondo societario commerciale, la vita di sodalizi basati sul volontariato è costellata di momenti dialettici anche aspri, poiché ciascuno sente di essere portatore di valori e dedizione che meritano l’apprezzamento degli altri. Ciò che travalica dal libero esercizio della critica è però la rappresentazione, al di là delle personali opinioni, di situazioni non veritiere, con il fine di arrecare discredito all’associazione stessa o quantomeno ad alcuni dei suoi soci o dirigenti.

Se poi le fasi dialettiche si concludono con un divorzio non consensuale, ecco che una delle parti, pur di difendere strenuamente le proprie opinioni – sovente con reazioni rabbiose e scomposte – può decidere di arroccarsi su posizioni di rifiuto alla relazione e al confronto, oppure di ingigantire le proprie ragioni con argomentazioni inconsistenti o confuse, quando non legate ad una presunta superiorità dei tempi andati.

È in situazioni come questa che anche la figura più autorevole e meritoria rischia di perdersi in inutili ostilità, perdendo di vista la realtà dei fatti e abdicando l’onestà intellettuale e la lealtà corporativa.

La verità, tanto lapalissiana quanto banale, è che…un’associazione appartiene ai suoi soci, legati fra loro dal perseguimento di uno scopo comune! Nessuno, neppure il più zelante e assiduo dei volontari, può arrogarsi il diritto di considerarla un’entità personale o tantomeno familiare, ritenendo in malafede di esserne unico depositario.

Lo scorso anno, su queste stesse colonne, suggerimmo come sia poco paragonabile lo scenario associativo di oggi con quello di appena dieci anni fa: serve organizzazione, capacità di adeguarsi alle mutate normative e alle moderne attese (soprattutto dei più giovani) e di trasformarsi pur nel rispetto delle proprie tradizioni. In altri termini…già le difficoltà non mancano e non si sente proprio il bisogno di “fuoco amico”.

Senza tema di smentita, possiamo ben dire che oggi il Gruppo Sbandieratori è molto più maturo, e che l’eredità degli strappi anche traumatici (come talvolta è accaduto anche nei Quartieri, tanto per fare un esempio dal mondo della Giostra) ha solo reso più larghe le spalle dell’associazione, che può e deve andare avanti secondo criteri di collegialità nella conduzione. È un fatto che il nostro sodalizio, che si avvia a tagliare il traguardo dei 60 anni di vita, gode di buona salute e continua a operare con rinnovato successo ed intatta reputazione, in città come altrove: questa è l’unica cosa che conta.

Nel gergo della marineria si usa augurare di avere «il vento in poppa», noi preferiamo avere le «bandiere al vento». In ogni caso, buon vento e buon 2020 a tutti!

da “L’Alfiere” – n. IV – 2019, pag. 2-3