È stato un piacere incontrare Fabrizio Bulletti nella moderna ed efficiente palestra in centro Città che gestisce insieme ai figli Francesco ed Annalisa. Fabrizio, più volte campione toscano di lotta greco-romana negli anni ‘60, professore di educazione fisica, preparatore atletico di squadre di calcio – fra cui l’Arezzo quando militava in serie B – istruttore e fondatore appunto di una avviata attività ginnica, con un curriculum di questo genere non avrebbe potuto “non essere uno sbandieratore”. Infatti, proprio lui ci racconta come è andata.

Come è che sei diventato sbandieratore prima e poi istruttore?

Frequentavo l’ISEF – per i più giovani, Istituto Superiore di Educazione Fisica – la scuola che sfornava in quegli anni i professori di Educazione Fisica e sostenni l’esame di Stato con in Commissione il Professor Vittorio Dini. Naturale quindi, inevitabile direi, giunse la proposta di Vittorio ad entrare nel nascente Gruppo degli Sbandieratori e così avvenne nel 1961. È stato un periodo bellissimo e denso di emozioni. Sapevamo di essere entrati a far parte di un Gruppo speciale che avrebbe fatto un po’ la storia della Città e della Giostra del Saracino. Ricordo ancora i primi allenamenti, le prime trasferte – peraltro poche da parte mia – in quanto avendo iniziato con l’insegnamento non avevo grande possibilità di parteciparvi.

Poi Fabrizio hai cambiato in un certo senso il tuo ruolo all’interno della squadra? Non è così?

Si, esatto. Essendo insegnante di Educazione Fisica fu normale – credo – che il Professor Dini individuò in me quello che avrebbe potuto aiutarlo e coadiuvarlo nel compito di istruttore e fu così che diventai il suo collaboratore più stretto e diretto, diventando di fatto il suo Vice, nella duplice veste di sbandieratore e appunto istruttore. È in quegli anni che si è cementata quella amicizia, quei rapporti che durano anche oggi – chi è rimasto purtroppo, perché in tanti ci hanno ormai lasciato – con il Berto, Andrea Imparati, Pasquale Livi, Berizzi, Gigi Salvadori, Malatesti e altri.

Come si svolgeva l’attività di allenamento e come erano organizzati allora i corsi?

Il Professore aveva impostato l’attività su due filoni principali: uno era la preparazione fisica ed atletica che ognuno doveva avere, la seconda era la ricerca continua e “asfissiante direi” sulla perfezione, eleganza e precisione dei movimenti con la bandiera, delle coreografie ideate dallo stesso Dini, fra le quali la Schermaglia, ancora oggi perno centrale di ogni esibizione, del collettivo, dei ritmi e delle sequenze delle varie figure che si presentavano durante i saggi. Ci allenavamo alternativamente al Palazzetto di S. Lorentino e al Campo Scuola in via Fiorentina. È in questa veste che mi sono talvolta attirato le “simpatiche e goliardiche invettive” dei ragazzi che sottoponevo a veri e propri tour di force, ripetendo all’infinito le varie fasi e movenze di allenamento. Ma penso che ne sia valsa la pena, perché fin da subito già allora – ma credo anche oggi – il nostro gruppo di presenta e si contraddistingue ovunque proprio per come si approccia e come “occupi” la scena della esibizione, in qualunque piazza, strada o contesto ciò avvenga.

Veniamo alle trasferte, ora. Mi dicevi che non ne hai fatte molte?

Si, come ho detto prima, avendo trovato subito lavoro come insegnante non ho potuto partecipare a molte, però alcune le ho fatte in Belgio, Danimarca, Spagna, ai Giochi senza Frontiere e l’ultima in Argentina nel 1978, per i Campionati del Mondo di Calcio, dove se ricordi eri anche tu. In quella occasione partecipai, insieme al Professor Dini, alla preparazione, in quanto per parentela e conoscenza personale, aiutai nei contatti con Gardo Ravasio – Presidente del Comitato Azzurro – che curò e si adoperò per la nostra presenza a quell’evento straordinario.

Di quella trasferta ho un ricordo indimenticabile sia per le visite appunto ai parenti emigrati in Argentina, sia per la parentesi calcistica. Infatti, grazie ai miei contatti e conoscenze nell’ambiente, si ebbe la possibilità di frequentare il ritiro degli azzurri a Mar del Plata, incontrare i calciatori fra i quali Francesco Graziani, “Ciccio” che avevo allenato nei suoi primi passi proprio all’Arezzo. Ricordo con affetto la gioia del Nonno, Massimo Bianchini, introdotto in un ambiente calcistico per lui inavvicinabile. Fu proprio una esperienza entusiasmante ed irripetibile di cui conservo ancora un ricordo bellissimo. Ancora, ma non da meno, consentimi due parole sui Giuochi Internazionali degli Antichi Sport della Bandiera, che si tennero ad Arezzo nel 1967, su impulso e iniziativa del Dott. Droandi, del Professor Dini e del Professor Magrini. Fu un successo sotto tutti i punti di vista – vincemmo quasi tutto su tutte le specialità – ma il mio ricordo è la grande collaborazione che potei offrire a Vittorio Dini nella organizzazione dell’evento e per la preparazione del nostro Gruppo. Vincemmo come squadra, come Città ed io orgogliosamente, ne avevo fatto parte portando il mio contributo.

Per chiudere, Professor Bulletti: che rapporto hai ancora con il Gruppo?

Come ho già detto, la mia attività professionale non mi ha permesso di continuare a lungo la vita della Associazione, quindi non ho più frequentato da molti anni. Ho mantenuto, come sopra ricordato, amicizie e contatti con i più anziani e ho seguito e seguo sempre con amore e passione le vicende degli Sbandieratori che apprendo parlando qua e là o dalle notizie sulla stampa e i social. So che c’è stato un riavvicinamento di tanti ex-sbandieratori e questo è davvero una bella cosa. Ho avuto modo vedere qualche copia proprio di questo giornale – L’Alfiere – ed il fatto che tu sia qui ad intervistarmi mi fa un monte di piacere e ti ringrazio per questo. Auguro lunga vita e le migliori fortune a questo Gruppo perché penso che – come lo è stato per tutti e anche per me – esso ha rappresentato e rappresenta una delle pagine più belle della mia vita.

da “L’Alfiere” – n. IV – 2021, pagg. 4-5

Sergio Rossi