Dopo le incertezze organizzative che possono intervenire in questi tipi di trasferte, finalmente sono arrivati i biglietti aerei che sancivano indiscutibilmente che dovevamo preparare i bagagli ed i passaporti per sorvolare l’oceano ed atterrare nel paese “carioca”. Il Gruppo ha dovuto viaggiare diviso su due aerei di compagnie di bandiera diverse: la Swiss Air Lines (Svizzera) e la TAP (portoghese). Provate ad indovinare quale dei due aerei ha volato rispettando gli orari e le coincidenze? Comunque siamo arrivati e gli svizzeri hanno smarrito un bagaglio, che è stato recapitato il giorno seguente, pareggiando il disagio del ritardo della TAP. L’immaginario collettivo si aspettava di approdare in un paese caldo, dove il sole, la samba e il carnevale ti dovevano accogliere non appena aperto il portellone dell’aereo. Al contrario un’aria da “alta montagna” ci ha costretti a correre ai ripari acquistando, non appena possibile, maglioni e giubbotti pesanti. Abbiamo scoperto che quello che immaginavamo si trovava a qualche migliaio di chilometri più a nord di un paese sconfinato che, a detta degli stessi brasiliani, pochi di essi nella vita riescono a visitare interamente. Curitiba che ci ha ospitato, capitale dello stato del Paranà, vanta una popolazione prevalentemente di origine italiana, tedesca e di altre nazioni europee, questo spiega perché non vedevamo le carnagioni nocciola degli abitanti che invece popolano le province più a nord, interessate dai passati periodi di tratta degli schiavi di provenienza africana e dai successivi flussi migratori sempre di quelle zone. Ci dicono che gli emigranti europei a fine 1800 raggiunsero ca. 4 milioni di unità delle quali il 40% circa erano di origine italiana e veneti in prevalenza. Il Brasile, che ricercava operai e tecnici specializzati, attuò quindi una politica selettiva ed incentivante, tanto che donava terreni ai nuovi arrivati per favorirne la permanenza.

La nostra bandiera omaggia il «Cristo Redentor» di Rio de Janeiro

La presenza di tanti oriundi/connazionali ha contribuito ad assicurare alla trasferta un successo di particolare importanza viste le numerose manifestazioni di apprezzamento e di affetto dimostrate dal pubblico e dalle autorità intervenute ad assistere alle nostre esibizioni, nonché di promesse per un prossimo invito. In un momento di tempo libero una parte del gruppo ha avuto la possibilità di effettuare una sorta di “pellegrinaggio” al “Cristo Redentor” di Rio de Janeiro al quale, tra le altre cose, hanno sicuramente raccomandato di vegliare sulla nostra Associazione. Nel contempo i più giovani ed il più vecchio del gruppo si cimentavano in una intervista radiofonica destinata alle comunità italiane nel mondo, dove Lorenzo ha potuto sfoggiare il suo strepitoso “cappello”, e successivamente si avventuravano in una escursione con il treno panoramico che, traversando la foresta pluviale atlantica (Serro do Mar), raggiunge Morretes City, che riporta ancora vive le caratteristiche strutture delle cittadine coloniali. Durante il viaggio Michele avrebbe anche voluto provare a fare il macchinista del treno ma non aveva il cappello giusto: sarà per la prossima volta. Tra le esibizioni più prestigiose sono sicuramente da ricordare quella difronte ed all’interno del palazzo del Memoriale, alla quale ha assistito il Sindaco di Curitiba, dr. Rafael Greca, il vice governatore dello stato del Paranà dr. Darci Piana (le origini italiane dei due rappresentanti delle istituzioni sono evidenti) ed il Console Italiano dr. Salvatore di Venezia; quella presso la comunità italiana di Colombo, particolarmente calorosa ed emotivamente coinvolgente ed infine quella presso lo stadio Francisco Muraro del Trieste Futebol Clube dove le nostre bandiere, come veri e propri aquiloni, sono state trasportate ogni dove dal vento, impegnando strenuamente i nostri ragazzi. Prima e dopo la partita, disputata tra vecchie glorie del calcio brasiliano che hanno militato nei campionati italiani e non, abbiamo avuto modo di parlare e scherzare con i giocatori che hanno anche voluto inviare un saluto ed un incitamento alla squadra dell’Arezzo calcio. Che dire, ancora una trasferta che ha fatto conoscere nel mondo la nostra tradizione storica e folcloristica, il nostro messaggio di amicizia e fratellanza e la nostra città, con il semplice gesto ed i colori delle nostre bandiere.

da “L’Alfiere” – n. IV – 2022, pagg. 6-7

Carlo Lobina