Dopo le prestigiose trasferte di New York e Città del Messico ci fu un periodo durante il quale il Gruppo viaggiò prevalentemente in Italia. Erano gli anni del 68’ e seguenti, precisamente quando io entravo a far parte della compagine aretina. Naturalmente l’eco di quelle fantastiche e, per certi aspetti, irripetibili esperienze aveva stimolato una folta schiera di nuove leve che rappresentarono il ricambio generazionale dei “Fondatori” che, a vario titolo, cominciarono a lasciare il testimone ai giovani. Ma non è di questo che volevo parlare quanto del fatto che, dopo innumerevoli trasferte in Italia, potevamo finalmente varcare nuovamente le Alpi, nel senso letterario del termine poiché l’invito arrivava proprio dall’Austria. La città di Linz ci attendeva e noi, giovanissimi, non vedevamo l’ora di andare oltre confine. Partimmo in autobus nel pomeriggio, dopo aver caricato il baule dei costumi; all’epoca, salvo i rari casi in cui qualcuno poteva tenerlo a casa in vista di una trasferta, i costumi venivano riposti in un capiente baule per essere assegnati all’arrivo.  Il “maganziniere”, il nostro carissimo “Berto”, era investito dei più ampi poteri nell’assegnazione e nella manutenzione delle attrezzature e non ti potevi lamentare se, pur avendo 41 di scarpe, ti ritrovavi con una taglia 44 o peggio con una 39: gli volevamo bene lo stesso come ancora gliene vogliamo. Sembrava che anche il tempo volesse evidenziare il fatto che stavamo finalmente per tornare all’estero e, per onorare il fatto che dovevamo oltrepassare le Alpi, iniziò a nevicare in modo consistente. Ad Arezzo, in quegli anni la neve era abbastanza rara. Avremmo poi constatato che i fiocchi bianchi, che tanto ci galvanizzavano per la novità, ci avrebbero accompagnato per tutta la trasferta ed in particolar modo nella città austriaca, dove le temperature scendevano a livelli per noi inusuali. Vedemmo così un panorama suggestivo, attraversando l’Appennino e la Pianura Padana. Per i più giovani, ricordo, che in quegli anni già andare a Firenze era un “bel viaggio”. Passato Vipiteno, che già era buio stretto e continuava a nevicare copiosamente, l’autista ebbe un lampo di genio e uscì dall’autostrada, dicendo di conoscere una scorciatoia che ci avrebbe fatto recuperare un po’ di tempo sulla tabella di marcia. Nulla di più assurdo, strada stretta e tornanti, mancanza di indicazioni stradali e neve ci accompagnarono fin dentro il posteggio di un hotel quando, confesso, i nostri dubbi divennero realtà: l’autista aveva sbagliato strada e non sapevamo esattamente dove fossimo finiti.  Iniziò uno sfottò che durò sino a quando non riuscimmo a rientrare in autostrada, molto tempo dopo. Il nostro breve soggiorno a Linz fu accompagnato da costanti nevicate che ci costrinsero ad esibirci in un contesto inusuale, bandiere sempre più bagnate e pesanti, doppie calzamaglie e costumi imbottiti di maglioni. Emblematica è la foto di Claudio Dini che, fra grossi fiocchi di neve, si avventura in un singolo impossibile. Il breve saggio fu anche accompagnato da una schermaglia alla “vogliamoci bene”, assolutamente priva di acrobazie, che somigliò molto ad una gara di pattinaggio su ghiaccio. Riuscimmo comunque a portare a termine i nostri impegni e a finire su tutti i giornali. Emblematico del carattere austriaco fu che, andando a un chiosco di giornali per acquistarne uno che pubblicava una foto e un articolo sulla nostra esibizione, non fummo in grado di farlo poiché l’edicolante, chiuso nel suo pertugio, non riusciva a capire cosa volevamo, nonostante i nostri disperati tentativi di indicargli con le dita la copia che ci interessava. Nessuno di noi sapeva una parola di austriaco/tedesco ma in un posto dove si vendono solo giornali non ci pareva così difficile intuire le nostre intenzioni, ma non era così. Allora, ricordo, c’erano ancora locali dove venivano esposti cartelli con la scritta “Ingresso vietato agli Italiani” E questo la dice lunga……. Comunque tralasciando altri particolari ed evitando commenti che in questo momento potrebbero anche compromettere ulteriormente i rapporti in ambito UE, la trasferta giunse al termine. La mattina prima di ripartire con il nostro autobus ci fermammo in una piazza per prendere qualche cosa da mangiare per viaggio di ritorno, che non prevedeva soste per il pranzo. Naturalmente continuava a nevicare e la coltre a terra era di molti centimetri. In quella piazza, oltre ad un supermercato, c’era anche il bar dove andavamo ogni mattina a fare colazione. Ricordo che noi ordinavamo un cappuccino, osservati con un certo disprezzo dal barista, mentre gli operai locali si fermavano, prima di andare a lavoro, per tracannare un boccale di birra e ripartire in gran fretta, lasciandoci increduli e perplessi sulla scelta nutrizionale. Per tornare a quella mattina, come resistere alla voglia di fare a “pallate di neve” tra noi. Impossibile! Iniziò così un lancio frenetico e caotico di tutti contro tutti, non risparmiando i più vecchi, che in quel caso non potevano vantare alcun diritto/rispetto. Gli accompagnatori, non vorrei sbagliare ma in quell’occasione, oltre al prof. Dini, potevano essere presenti il Mellini o il Magrini, si barricarono subito nell’autobus con l’autista. Improvvisamente ci fu un momento simultaneo d’intesa: perché continuare la “guerriglia” fra compatrioti quando dal supermercato uscivano carichi di borse, ignari, gli austriaci???? Ci fu, quindi, uno schieramento mai visto dopo il Piave, dove il gruppo al completo bersagliava con “granate” di neve, accompagnate da grandi risate, tutti i malcapitati che uscivano del supermercato con le mani occupate dalle borse. Dopo un primo momento, dove la vittoria sembrava ormai in pugno, ci fu la reazione organizzata degli austriaci che, posate le borse della spesa, chiesero aiuto alle retroguardie che ancora erano dentro il negozio. Finalmente vedemmo gli austriaci felici e sorridenti, contenti di aver ritrovato, per un momento, l’allegria della giovinezza. Solo il clacson dell’autobus, che minacciava di abbandonarci in terra straniera, ci fece ritrarre dalla battaglia, accompagnati da risa, fischi e applausi degli avversari, alla partenza.

In ogni caso, anche questa volta, nonostante la neve, avevamo portato i colori ed il calore di Arezzo in terra straniera ed archiviato un altro ricordo nel nostro cuore.

da “L’Alfiere” – n. III – 2020, pagg. 14-15