Per il numero di settembre de l’Alfiere, siamo veramente felici di proporvi un’intervista ad un grande protagonista della Giostra del Saracino, nonché amico e socio della nostra Associazione. Stiamo parlando dell’Araldo Francesco Sebastiano Chiericoni, con il quale ripercorreremo il suo percorso, partendo dal testimone ereditato dal padre oramai quasi 10 anni fa.

Quando hai deciso che avresti seguito le orme paterne e quanto è stato importante l’esempio di tuo padre?

La risposta a questa domanda è molto semplice, nel senso che io non ho deciso assolutamente niente, ma ho solamente accettato di fare delle prove, quando nel 1999 la Magistratura di allora chiese al mio babbo di pensare a un sostituto per eventuali defezioni. Furono gli stessi componenti della Magistratura che gli proposero di iniziare a coinvolgermi, dal momento che capitava spesso che mi scambiassero al telefono per lui, tanto avevo, già allora, la voce simile alla sua. Quando il mio babbo me lo chiese ero abbastanza perplesso, avevo 25 anni e la vedevo una cosa troppo grossa. Però gradualmente cominciai ad affiancarlo e questo è stato fondamentale.

Francesco Sebastiano Chiericoni con il padre Gianfrancesco

Come forse pochi sanno, in occasione della prova generale di giugno 1999 ho annunciato solo i Musici, a settembre ho aggiunto anche gli Sbandieratori, l’anno successivo un’altra stringa del palinsesto e così via. Per fare un esempio il programma completo l’ho finito di dire dopo 5 anni e la disfida l’ho cominciata a dire dopo 7. Questo mi ha aiutato molto, in quanto il mio babbo mi ha istruito piano piano, dandomi consigli. Quindi, per rispondere alla domanda, l’esempio paterno non è stato solo importante, è stato tutto. Se non avessi fatto questo percorso non avrei mai potuto ricoprire questo ruolo. Alla fine ho esordito nel 2014, ma dopo 15 anni di prova generale. Questo avvicinamento graduale mi ha senz’altro permesso di arrivare al 2014 quantomeno preparato.

Ti ha spaventato il giudizio del pubblico e il confronto con chi, come tuo padre, ha ricoperto il ruolo di Araldo per circa 40 anni?

Nel 2014 dovetti esordire in maniera un po’ improvvisa per motivi di salute del mio babbo. Io seppi di dover fare la Giostra a luglio e non ero psicologicamente pronto, ma ciò che mi preoccupava di più erano gli eventi collaterali, come il bando e l’estrazione delle carriere, che non avevo mai provato. Il giudizio del pubblico è ovvio che mi spaventasse, anzi forse era proprio il primo pensiero, perché ricopro un ruolo che è per la gente, deve piacere alla gente, quindi il giudizio è tutto. Non posso fare una cosa che trascenda dal giudizio della gente. Prestando la voce alla città, se non fossi piaciuto al pubblico avrei fallito. Un cavaliere potrebbe anche non piacere per come giostra, però magari porta a casa la Lancia e quello che conta è il risultato. Nel mio caso invece il risultato è essere apprezzato dalle persone e devo dire che l’impatto è stato bello, perché non ho sentito pregiudizi né da parte degli addetti ai lavori, né da parte del pubblico. Anzi ho ricevuto molto calore, molto affetto sin da subito e comprensione delle difficoltà. Diciamo che sono stato fortunato, probabilmente anche in quanto figlio di una figura, come quella di mio padre, che è sempre stata amata dagli aretini.

Hai apportato delle modifiche o dei miglioramenti nell’interpretazione del ruolo?

Direi proprio di no. Io non apporto alcuna modifica perché c’è chi è preposto per questo. A livello interpretativo, invece, può anche darsi perché non posso solo imitare mio babbo. L’impostazione identica ce l’ho per sia per motivi fisiologici, sia perché ho sempre ritenuto brutto stravolgere tutto o personalizzare in modo eccessivo. Poi nella disfida mi viene istintivo interpretarla ogni volta in modo diverso e ho sentito che questa cosa è stata captata e mi fa molto piacere. I punteggi invece sono sempre improvvisati perché devi ascoltare la piazza in quel momento. Quindi per il resto non ho apportato modifiche, ma ho cercato di dare la mia impronta perché va bene assomigliare al mio babbo ma non devo e non voglio essere un clone.

Raccontaci qualche aneddoto divertente, qualche curiosità a cui hai assistito in Piazza?

Aneddoti particolari della Giostra ce ne possono essere tanti. L’aneddoto più divertente è successo durante una prova generale, quando si è staccata la palla del mazzafrusto. Non era mai successo e quindi ho dovuto esordire con questa dicitura che non l’aveva mai pronunciata nemmeno mio babbo. In Giostra, invece, succedono spesso eventi che non si possono definire aneddoti divertenti, ma più che altro difficoltà gestionali, che mi hanno preso in contropiede e ho dovuto gestirle improvvisando. Ci sono stati episodi di regolamento, di difficoltà gestionale che ti fanno capire quanto è importante essere concentrati e stare sempre attenti a quello che vuole maestro di campo, a come si muovono i capitani e a tutto quello che può succedere e sfociare in eventuali irregolarità, come ad esempio stare attenti a richiamare il giostratore o a dover attendere un’eventuale decisione della giuria della magistratura. Il primo foglietto con la carriera annullata fu oggettivamente abbastanza complesso e complicato da gestire e sicuramente fu una bella dose di esperienza.

Ci sono degli aspetti che secondo te meritano di essere riconsiderati nella Giostra?

È un ambito che non mi compete, perché per questo c’è il regista. Devo dire che tutti i registi con cui ho lavorato sono sempre stati tutti molto bravi e precisi e ci sono delle decisioni che vengono prese a livello organizzativo da tutte le persone preposte e io sono l’ultimo che si può permettere e si permetterebbe mai di mettere bocca una cosa del genere. Posso però dire che c’è sempre stata grande collaborazione con i registi e, ovviamente, con il ruolo che ricopro, sono loro che mi hanno sempre coinvolto chiedendo anche il mio parere, dal momento che sono la figura che detta i tempi con le diciture. Quindi, grande partecipazione e collaborazione, mai iniziative da parte mia perché non mi competono. Poi la giostra è bella così com’è, i dettagli spettano, come detto, a coloro che sono deputati a farlo.

Sei uno dei pochi protagonisti della Giostra che segue l’esibizione degli Sbandieratori, dal momento che siamo tra i primi ad essere da te annunciati. Hai qualche consiglio da darci?

Hai detto bene. Io sono uno di quelli che, come il pubblico, si gode il vostro spettacolo, che tra l’altro mi godo sin da quando ero piccolo. Possono sembrare frasi di circostanza, ma non lo sono. Non ho nessun consiglio da darvi, se non quello di continuare a fare quello che fate perché lo fate benissimo. Chi è dentro la Giostra sa bene il lavoro che c’è dietro, sa bene l’impegno, la fatica e i sacrifici che si fanno tutti gli anni. Io non posso certo dare consigli a voi perché, come detto, siete un gruppo ormai notoriamente professionale, che riesce a dare sempre qualcosa in più e fare sempre qualcosa di nuovo. Quindi l’unico consiglio che mi sento di darvi è quello di continuare così. Tenete alto il nome di Arezzo con il vostro impegno e le vostre esibizioni e non mollate mai. Questo sì, è un consiglio ma è soprattutto un auspicio.

da “L’Alfiere” – n. III – 2022, pagg. 12-13

Romano Junior Vestrini