Poteva essere una intervista classica, con i riti e le formalità delle domande e risposte. Invece è venuta fuori una chiacchierata amichevole con il Direttore di Teletruria, Luca Caneschi, che oltre che giornalista, è evidentemente, un appassionato e amante della Giostra del Saracino e della sua Città.

Luca, in occasione di un recente evento pubblico, avente per oggetto proprio un premio assegnato alla emittente che dirigi, hai dichiarato che il pubblico –  non solo, quello di Arezzo fra l’altro – “ ha fame di Giostra”. Che significa questa affermazione?

Si quella frase l’ho pronunciata in occasione del Premio che l’Associazione CorrerGiostra ha assegnato a Teletruria, per il lavoro fatto e la promozione della nostra manifestazione più importante. E non è il frutto di una mia intuizione o passione particolare che ho per Arezzo ed il Saracino, ma si basa su reali dati Auditel che a livello nazionale, hanno visto anche di recente la nostra televisione entrare nelle classifiche degli ascolti quando abbiamo trasmesso in diretta l’Offerta del ceri al Beato Gregorio, evento di apertura del Calendario Giostresco. Ciò significa che il pubblico –  e non solo di Arezzo appunto  – ha interesse, vuole vedere, ascoltare, vivere di Giostra del Saracino.

E’ per questo quindi che tu hai “spinto” potremmo dire, già nei primi anni della tua Direzione, nell’ampliare le ore e le trasmissioni dedicate alla manifestazione?

Certamente, anche se premetto che ho trovato una televisione e una redazione straordinarie per competenze, passione e professionalità che già aveva un suo appeal consolidato con la Città. Senza essere campanilista a prescindere e cercare di vedere e apprendere il meglio anche dalla “ concorrenza”, credo che far vivere ai telespettatori la vita dei Quartieri durante la settimana precedente la Giostra, le prove dei giostratori, la festa della Città in quei giorni, i dibattiti o le discussioni fra addetti ai lavori, giornalisti, esperti, trasmettere tutti gli eventi dell’Anno Giostresco,  sia un modo di venire incontro, appunto, a questa voglia di partecipare, di vivere l’atmosfera che il pubblico desidera. Credo che ci sia una potenzialità non espressa che io ho ho ritenuto di intercettare e alla quale cerco – insieme a tutti i miei collaboratori – di dare risposta

Nota dolente: il dibattito infinito sulla diretta televisiva sulle reti nazionali. E’ un problema di costi, di buone relazioni con i giganti della comunicazione o. come molti pensano, è la manifestazione che non “ha tempi televisivi adeguati” ?. Qual è il tuo punto di vista?

Bella domanda eh?. Io non credo sia un problema di tempi. Il Saracino ha i suoi tempi e non si deve cadere nell’errore di fare una Giostra in funzione  delle televisioni. Il tempo lungo, la scaramucce, “ il pathos” sono essi stessi “Giostra” e sarebbe un errore snaturarli. Certo alcune fase tipo l’entrata in lizza dei giostratori all’inizio, l’accompagnamento degli stessi al pozzo prima di correre la carriera, per esempio potrebbero essere migliorati e ridotti.

Sottolineo che abbiamo un corteo di figuranti bellissimo, uno scenario – Piazza Grande – e non un stadio o un prato erboso che sono la splendida cornice che accoglie e valorizza  il  torneo cavalleresco. Quindi così come si entusiasmano e palpitano gli spettatori dal vivo e in diretta, semmai è la televisione che dovrebbe o potrebbe fare in modo di trasmettere le stesse emozioni e sensazioni anche a chi è davanti ad uno schermo.

Viceversa e ovviamente, qualcosa su cui lavorare c’è: mi sembra che ci sia troppo tecnicismo, troppa sofisticazione negli addetti ai lavori, allenatori, figuranti, accompagnatori. Non dobbiamo perdere l’animo e lo spirito cavalleresco che origina il tutto: due fantini, che insieme, si battono contro il Saraceno per portare al proprio quartiere l’ambito trofeo, la Lancia d’Oro.

La televisione quindi può fare molto per “appassionare”?

Ovviamente si. Può e, secondo me, deve fare di più e molto per promuovere la manifestazione e la Città. Vedi, si è identificata negli anni Arezzo nella città di un qualcosa, che fosse l’oro, la cultura, Icastica, lo scultore famoso, la gastronomia. Indubbiamente,  e certamente, affrancamenti pregevoli e meritevoli, ma io credo che Arezzo sia, innanzitutto, la Città della Giostra del Saracino, la sua storia e le sue tradizioni più genuine e antiche. Il Saracino è la Festa di Arezzo e noi tutti, a vario e diverso titolo interessati è su questo che dobbiamo e dovremmo lavorare di più. Fare cultura della  Giostra, coinvolgendo i bambini, le famiglie, i quartieri, le frazioni. Occorre fare spettacolo, dibattere e argomentare di storia e tradizione Giostresca. Vanno bene le settimane del quartierista ma magari meno discoteca e pub e più incontri, confronti fra addetti ai lavori ed esperti. Il Museo della Giostra, un ottimo esempio di promozione come le visite guidate ai quartieri o le iniziative con le scuole.

Per concludere ora una domanda d’obbligo sugli Sbandieratori di Arezzo. Ricorderai Luca che per anni la sigla di apertura dei notiziari di Teletruria è stata accompagnata dalle immagini delle nostre bandiere in movimento?

Che dire? Che gli Sbandieratori sono l’immagine della Città. Credo senza tema di smentita che in ogni immagine, rappresentazione, raffigurazione della Giostra del Saracino o di Arezzo, gli Sbandieratori sono presenti e questo la dice lunga su come voi siete essenziali per la manifestazione. Ma c’è una cosa soprattutto che mi sorprende ogni volta e che ad ogni esibizione –  ovviamente in occasione delle due Giostre – ed è la ricerca del nuovo, il miglioramento continuo. Ogni  saggio supera quello precedente, per coreografie, difficoltà, innovazione, musiche ed è questo continuo sforzo di crescita e miglioramento che indicano una mentalità, una filosofia e uno spirito ..quasi una voglia di stupire che entusiasma e affascina che vi guarda.

Ripeto, gli Sbandieratori sono il biglietto da visita dei Arezzo, i suoi testimonial e ciò è il frutto di passione, competenza, lavoro e amore per la Giostra e la Città. Credo che gli aretini debbano essere fieri di voi.

da “L’Alfiere” – n. I – 2020, pagg. 4-5