Amor cortese, dame e cavalieri: i tornei cavallereschi sono spesso ricordati nella storia per essere tra le forme più antiche di corteggiamento, secondo un cliché nel quale uomini corazzati si battevano fieramente fra di loro al cospetto di nobili dame, che attendevano gli esiti dello scontro civettando sui palchi appositamente allestiti. Donne bellissime erano le dame, vestite di stoffe preziose e ornate da ricchi decori, tali che conquistare un loro sguardo non era certo cosa facile – e come dire, la conquista di una donna tutt’ora non lo è – perché il cavaliere doveva dare grande prova di forza e vincere il torneo, solo allora lei avrebbe potuto decidere di cedere alle sue avance.

Alcune volte, invece, l’amore della dama era addirittura il premio in palio, allo stesso modo in cui si potevano vincere soldi, titoli e cavalli; insomma, non proprio una visione femminista del corteggiamento! Non ci scandalizzeremo, però, dato che si tratta di storia e che a quei tempi le regole dell’amore rendevano l’amore stesso qualcosa di diverso da quello che intendiamo noi oggi. Le dame e le donne, più in generale, hanno sempre incarnato la bellezza e la gentilezza del genere umano, così che nelle manifestazioni a carattere storico e, non solo, la loro presenza garantiva grazia ed eleganza in mezzo ad una gran massa di muscoli. Tuttavia, una lettura più attenta dell’evoluzione sociale, informa finalmente che nelle donne “oltre alle gambe c’è di più”.

Nella Giostra del Saracino di Arezzo le damigelle sfilano nei cortei che precedono lo svolgersi del torneo e presenziano alla gara in un attitude non troppo “tacco e punta”, ma facendo un tifo da stadio: vestite all’antica, sì, ma donne d’oggi! Accanto, però, alle poche damigelle elette, il pubblico della Giostra è sempre affollato da donne di tutte le età, vestite con i colori del proprio quartiere secondo una ricerca della “divisa” spesso ingegnosa e sorprendente. Si dipingono il volto con strisce di colore, si annodano il fazzoletto con l’emblema del rione e gridano come vere guerriere le parole dell’inno “Terra d’Arezzo”.

Nel campo della battaglia, tutte unite incitano a gran voce la corsa dei giostratori in gara e chissà che un giorno, in una futura rivoluzione delle regole, i ruoli non possano invertirsi e la Giostra vantare la presenza di una cavallerizza al posto di un fantino. Un “galoppata” sociale che potrebbe anche riservare delle belle sorprese. Insomma, se concordiamo tutti nel dire che i cavalieri sono ancor oggi le braccia indiscusse di questa grande lotta al Buratto, non negheremo alle donne di esserne almeno il cuore.

Bibliografia:

L. S. Crestini, Cavalieri in giostre e tornei. Le dame, i cavalieri, l’arme, gli amori del XV e XVI secolo, 2010.