Oggi Arezzo ci appare come una città tipicamente medievale ma si tratta di un aspetto in parte artificioso frutto di un rifacimento estetico operato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Lo scopo era quello di esaltare le vestigia dell’Arezzo tarlatesca del primo Trecento per poterla così contrapporre, nel panorama toscano, a Firenze di stampo rinascimentale. Nel corso del restauro venne dato nuovo lustro agli edifici principali, alle mura e ai quartieri cittadini anticamente chiamati portae, le cui prime testimonianze documentarie si hanno nel 1203 per Porta Crucifera e nel 1204 per Porta del Borgo e Porta del Foro ma che derivavano probabilmente da raggruppamenti precedenti.

In generale i quartieri erano contraddistinti da un proprio stemma e territorio e prendevano il loro nome dalle porte poste sulla cinta muraria, due delle quali ancora presenti nella cinta duecentesca (Porta Crucifera e Porta del Borgo) mentre le altre due (Porta Sant’Andrea e Porta del Foro) furono inglobate perché non più utili come ingressi alla città. Le porte a loro volta legavano il proprio nome ad elementi architettonici limitrofi come la chiesa di Santa Croce, l’asse viario “borgo”, i resti dell’antico foro romano e la chiesa di Sant’Andrea Guasconi. Troviamo dunque:

  • Porta del Foro nel quarto nord-ovest delle mura tutto addossato presso Porta Buia, le attuali vie dell’Orto e dei Pileati da cui ridiscendeva a Porta San Biagio;
  • Porta del Borgo nel quarto sud-ovest proteso nelle strade al di là del Corso Italia e fino alle mura che correvano lungo via Garibaldi;
  • Porta Crucifera nel quarto nord-est della città delimitato da via dei Pileati, dal Prato, da Piazza Grande, da via della Fontanella fino alla via di Porta Crucifera;
  • Porta Sant’Andrea nell’ultimo quarto sud-est fino al territorio di

La mancanza di una cospicua documentazione non ci permette di stabilire se i quartieri fossero o meno suddivisi in contrade né quale fosse il grado di articolazione presente in ciascuno di essi. Rimane però certamente indiscutibile la loro funzione pratica.

Le porte erano infatti utilizzate per assegnare un eguale numero di seggi nelle magistrature civiche e negli uffici; per l’organizzazione dell’attività notarile tanto è vero che la registrazione nel collegio avveniva tramite l’identificazione per portas oltreché tramite nome e cognome; per l’amministrazione della giustizia; per la ripartizione delle imposte che si pagavano nel quartiere di residenza e infine era importante il legame che si instaurava tra le famiglie e il proprio quartiere e che rimase saldo e costante nel tempo visto che tutti gli uomini di una casata dovevano godere degli incarichi nello stesso quartiere a prescindere dal luogo di effettiva domiciliazione.

Si trattava senza dubbio di elementi fondamentali per l’amministrazione urbana e dell’intero territorio circostante poiché le porte erano abbinate per nome sia alle “camparìe” cioè pezzi di terra intensamente coltivati e soggetti alla giurisdizione dominicale estesa per circa un miglio e mezzo fuori dalle mura, sia alle cortine” che si estendevano fino a cinque miglia dalle mura. C’erano in più cinque “viscontarie” che costituivano la parte più esterna del comitato:

  • la viscontaria di Montagna o Montanea, protesa nel Casentino e sotto il controllo dei conti Guidi, abbinata a Porta del Foro;
  • la viscontaria di Cegliolo, situata tra Tevere e Arno, abbinata a Sant’Andrea;
  • la Verona, comprendente l’alta valle del Tevere e inserita nella diocesi di Città di Castello, abbinata a Porta Crucifera;
  • la viscontaria del Piano (cioè la Valdichiana) associata invece a Porta del Borgo;
  • la viscontaria della Valdambra che era divisa secondo le rive dell’Arno tra Porta del Borgo a sinistra e Porta del Foro a destra.

L’abbinamento porte-camparìe-viscontarie era cruciale per gestire questioni come il pagamento delle imposte da parte dei nobili e dei magnati della città e del contado, l’immigrazione in città dei cosiddetti “comitatini” (abitanti del comitatus) e quella dei distrettuali che dovevano insediarsi solo nel quartiere abbinato alla propria camparìa o viscontaria originaria. Gli studi hanno poi evidenziato una forte sperequazione demografica che vede Porta del Foro e Sant’Andrea contare circa un terzo degli abitanti ciascuno, il Borgo poco più di un quarto e Porta Crucifera soltanto l’8%. Un quadro simile ci viene fornito anche dalla Cronica in terza rima di ser Bartolomeo di ser Gorello stando al quale i quartieri si distinguevano tra loro anche per il tipo di clan che vi risiedeva. Nella fattispecie Porta del Foro contava 12 casate delle 45 casate totali presenti in città come i Bracci, i Grinti di Catenaia, i Sassoli, i Tarlati da Pietramala mentre Porta Crucifera ne contava 16 tra le quali i Bostoli, i Berlinghieri, i Guidoterni (che passeranno alla storia come Brandaglia), i Marabottini e altri. Mentre i quartieri di Porta Sant’Andrea e del Borgo ne contavano il numero più basso, rispettivamente il primo soltanto 7 e il secondo ne contava una decina tra le quali spiccano Albergotti, Camaiani, Guasconi e Pazzi del Valdarno.

Bisogna infine considerare che i quartieri aretini con la dominazione fiorentina dal 1384-85 in poi persero le loro funzioni più rappresentative a causa della cosiddetta politica di “fiorentinizzazione” dei territori assoggettati che prevedeva una nuova toponomastica e una nuova divisione dei distretti a livello amministrativo. E ciò comportò in primis il rimpiazzo dei quartieri con i mezzi di Santa Maria e di San Piero che prendevano il nome da due chiese cittadine, la Pieve e il Duomo, e che risultavano dall’unione di Porta Crucifera e Sant’Andrea e Porta del Foro con quella del Borgo e in secondo luogo la divisione della città in due parti tramite l’asse viario principale il cosiddetto “borgo maestro”. In più la realizzazione di una ulteriore cinta muraria portò alla drastica riduzione del numero delle porte da 10 a 4, ciascuna delle quali corrispondente a un punto cardinale e soltanto Porta Crucifera mantenne la sua antica denominazione mentre le altre furono chiamate Porta San Clemente a nord, Porta San Lorentino a est e Porta Santo Spirito a sud.

Bibliografia

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