Queste poche righe sono il nostro ricordo di Massimo Bianchini, il nostro “Nonno”, anzi “Il Nonno” per tutti gli aretini. Avevamo scritto un piccolo ritratto di Massimo, su questo periodico, in un numero dello scorso anno e lo avevamo fatto prendendo le mosse da un episodio personale che riguardava chi scrive: l’invito che mi fece proprio lui ad entrare a far parte del Gruppo degli Sbandieratori. Era il 1971 e io avevo già suonato il tamburo con lui, con i Musici diretti in quegli anni dal compianto William Monci. Ecco perché, con profonda tristezza ma anche con la certezza di ricordare ed onorare come merita Massimo, mi sono permesso di introdurre queste brevi note ed aneddoti, simpatici, talvolta goliardici, per far conoscere a tutti chi era veramente. Questo perché credetemi, io il Nonno lo conoscevo davvero e la nostra era proprio un’amicizia, una stima, un rispetto antichi di oltre quarant’anni che mi rimarranno sempre nel cuore e nella mente.

Fabrizio Bulletti (Ex Sbandieratore/Preparatore atletico professionista)

Due episodi ricordo di Massimo: il primo in Argentina, in occasione della prestigiosa trasferta del Gruppo Sbandieratori ai Campionati del Mondo di Calcio nel 1978. Stante la mia attività e i miei rapporti con il mondo del calcio, promisi a Massimo che saremmo andati a trovare la Nazionale Azzurra al ritiro di Casa Italia a Mar del Plata, nella fase iniziale del mondiale. Lui scettico, mi disse, “non ci credo”. Ebbene, per una settimana tutte le sere andavamo a prendere il caffè al ritiro azzurro, insieme ai calciatori e allo staff. Non finì mai di ringraziarmi.

Sempre legato al calcio: quando discutevamo di calcio, ai primi anni di carriera di Francesco Graziani che allora giocava nelle giovanili dell’Arezzo, mi diceva continuamente: “questo ha un bel fisico, è forte ma non diventerà mai un fenomeno”. Mai tanta avventatezza nel giudizio: Massimo con “Ciccio” si “bruciò” gran parte della sua reputazione di esperto di calcio. Ma in effetti lo era davvero, esperto e competente!!

Carlo Polci (noto e stimato professionista della Città, già Presidente della Sezione Aretina dell’Associazione Italiana Arbitri)

Tra i tanti punti di contatto con Massimo quasi una vita vissuta (incidentalmente) insieme. Dai primi incontri al Liceo Scientifico, io al primo anno, lui al decimo (da cui l’appellativo “Il Nonno”), alle partite del CSI, lui arbitro (a modo suo) io portiere (scarso) dei Pomito del compianto Pommella, ai suoi incitamenti seduto sul colonnino di P.za S. Domenico nel mentre facevo ripetute in via Madonna Laura, fino all’ultimo incontro di pochi giorni prima che si sentisse male, nel quale mi chiese un aiuto per un (ultimo) “perso-nalissimo desiderio”. Poi la partecipazione comune alla Giostra del Saracino, ma lì ci sono molti più autorevoli di me.

A me piace ricordare Massimo come un innamorato della sua Città. Ne ha portato il nome orgoglioso in giro per il mondo, ne ha difeso il dialetto usandolo a più non posso. Ne ha amato la squadra sostenendola incessantemente (a modo suo). Ecco “a modo suo”…un po’ la sua caratteristica su tutte le cose, ma con grande costanza e per tutta una vita. Un esempio per tutti…a modo suo.

Francesco Graziani (Calciatore professionista, Campione del Mondo 1982, commentatore sportivo) e la moglie Susanna

Il ricordo di Massimo, “il Nonno” era per noi come una persona “di casa”: era spesso qui, ai nostri campi, parlava di calcio solo con Francesco – gli altri diceva – “non ci capiscono niente”. Ha arbitrato partite dalla panchina, oltre la rete del campo, in caso di pioggia con l’ombrello. Mi mostrano un mazzo di carte da gioco nuove, con le quali giocava, con su scritto: “Nonno nuove”.

Francesco e Susanna danno proprio l’impressione e la sensazione – e ciò si avverte e si sente dalle loro parole – di aver avuto un rapporto con Massimo come con uno di famiglia, fatto di attenzioni, consigli, passaggi in macchina, qualche pasto caldo. Una mancanza che avvertiamo, mi dicono, salutandomi.

Stefano Bulletti (Sbandieratore)

La storia dei capelli riportati – il parrucchino – esibito a volte alterne: memorabile la foto a Nizza quando si nascose dietro una pianta, altrimenti il vento lo avrebbe fatto volare via.

Leonardo Calcini (Sbandieratore)

In Giappone quando per il troppo caldo tolse il solito parrucchino e l’accompagnatore incuriositosi domandò chi fosse e Massimo, candidamente disse “ho un fratello che suona come me il tamburo”.

Oppure, sempre Giappone, 1989, dopo quasi 50 giorni di trasferta, l’ultima delle 104 esibizioni, il capogruppo candidamente gli fece un assist: “Nonno, è l’ultimo giorno, oggi si fa come ci pare a noi”. E lui, illuminandosi, prende l’invito alla lettera e inizia la sfilata con il suo passo svelto ma deviando dal percorso obbligato e rigido del ferreo protocollo giapponese. L’accompagnatore responsabile della manifestazione, sbiancato, terrorizzato non sapendo le intenzioni, sudando e smanettando lo invitava a riprendere il percorso stabilito. Il Nonno imperterrito e incurante continuò il suo “fuori pista” fermandosi infine davanti ad un negozio di cristalleria e vetri, dove il possente suono del suo “rullante” fece tremare vetri, arredi e merce in mostra, con gli spettatori, solitamente compiti e formali, che, avendo capito cosa stesse accadendo, si sciolsero in un applauso e in una risata generale collettiva e di stima e affetto, insolita per loro.

Edo Bonucci (Sbandieratore)

Come non ricordare le nottate in bianco dello sventurato compagno di camera (il più delle volte io) a causa del suo “russare come un trattore” o l’intervento che il Tinti, da buon infermiere e aspirante medico, gli fece sul piede ammalato.

Gino Rossi e Carlo Lobina (Sbandieratori)

Le zingarate con la mitica Mini rossa e bianca, a rubare i cocomeri a Marina di Grosseto, alcuni con le moto di Carlo Lobina e del compianto Sergio Dini, che quando furono affrontati dal proprietario delle cucurbitacee, candidamente lo affrontò “ma lei è mai stato ragazzo”. E ce la cavammo con 5000 lire e una lavata di capo.

Grotti Rodolfo (Sbandieratore)

Il suo ingresso nel Gruppo, quando a forza di starmi di dietro, in palestra, quando accompagnavo i saggi, alla fine una bandiera ce la fece a finirgli addosso – precisamente sul labbro – e il Professor Dini disse “che si fa ora?, bisogna farlo entrare, gli facciamo suonare il tamburo, viene dai Musici del Monci”.

Fabrizio Migliorini (Sbandieratore)

Appena entrato mi avvisò: “guarda che qui se picchia e se sona, mica se fanno i discorsi”.

Giovanni Bonacci (Sbandieratore)

In Sudafrica 1988, quando mi esibì per la prima volta nel “singolo” e Massimo per incoraggiarmi e aiutarmi nell’impresa, iniziò ad avvicinarsi lentamente, continuando ad accompagnarmi con il rullare del tamburo ed improvvisammo quasi un duetto “swing” con il sottoscritto che agitava le bandiere verso il Nonno e lui ondeggiando e “quasi ballando” ritmava i movimenti dell’alfiere. Indimenticabile.

Ecco, Massimo era questo, ma anche tanto altro. Tutti i ricordi non possiamo menzionarli, ma lui, il Nonno era così e con questo ricordo rimarrà sempre nei nostri cuori e nella nostra memoria.

da “L’Alfiere” – n. II – 2018, pag. 2-5