È con immenso piacere che abbiamo intervistato Giorgio Landini, uno dei primissimi Sbandieratori, uno dei ragazzi del Professor Dini.

Giorgio, cosa ti ha spinto ad entrare nel Gruppo?

Quando sono entrato, nel 1964, il Gruppo aveva 4 anni di vita, era molto attivo in città e si cominciavano a conoscere le prime trasferte all’estero. Vivendo in pieno centro storico, ero affascinato da questa nuova realtà autonoma, capace in poco tempo di farsi apprezzare anche oltre i confini nazionali. Inoltre avevo alcuni amici che già ne facevano parte ed iniziai così a frequentare il Palazzetto per assistere gli allenamenti, fino a quando riuscii a convincere il Professor Dini ad accogliermi nel Gruppo, nonostante un fisico ancora molto gracile.

Hai qualche ricordo legato a quei primissimi anni?

Noi giovani, per prepararci all’ingresso nel gruppo, fummo affidati agli allenamenti del Prof. Bulletti. Di questo periodo, durato 2 anni, ricordo le prime trasferte, come Castrocaro e San Marino, in cui seguivamo il Gruppo in maglietta e portavamo le bandiere agli adulti. Nel 1964 avvenne l’ingresso di questa decina di allievi, tra cui il sottoscritto, che si andavano ad aggiungere ai 12/14 sbandieratori attivi e che negli anni successivi avrebbero costituito il fulcro del Gruppo. Qui il ricordo più bello è legato alla mia prima sbandierata in occasione del Carnevale Storico di Ivrea del 1966. Oltre alla emozione, ancora rammento il forte dolore ai piedi, causato dagli stivali troppo stretti: un problema che mi ha accompagnato anche negli anni seguenti, dal momento che all’epoca, a differenza di ora, non c’era molta scelta. Ricordo inoltre gli anni bellissimi delle Olimpiadi della bandiera, in cui ci misuravamo con gruppi importanti, ottenendo, tra l’altro, diverse vittorie. Consentimi di dire che negli anni ’60 entrare nel Gruppo era motivo di orgoglio. Era importante proprio a livello di appartenenza ed è una cosa che mi piacerebbe trasmettere anche a chi, tra i giovani di oggi, ancora non l’ha capito fino in fondo. Se entri in questo Gruppo entri a far parte di una famiglia e questo ti rimane per sempre.

Episodi e trasferte che ricordi in modo particolare?

Un ricordo indelebile, ancora oggi mi emoziono nel parlarne, è legato al Professor Dini, che ho avuto la fortuna di conoscere come insegnante, compagno, amico e soprattutto come persona importante nella mia vita e nella mia formazione. Mi torna in mente quando chiese a mio padre il permesso di lasciarmi andare, non ancora maggiorenne, a New York. Permesso che purtroppo non mi fu accordato, negandomi un’occasione notevole. Tuttavia, negli anni ’60 e ’70 di trasferte ne ho fatte davvero molte ed anche importanti, come ad esempio i Mondiali di Germania ’74 o il Giappone ‘75. Nel 1968 purtroppo ho avuto anche la grande delusione di non aver potuto partecipare alle Olimpiadi in Messico, poiché ero sotto le armi a Bolzano e a nulla servì la richiesta fatta al mio comando dal Professor Dini. Mi concessero la licenza quando ormai era troppo tardi. Poi, dopo essermi sposato nel 1975, ho aperto un’attività commerciale e ho dovuto lasciare il gruppo, facendo l’ultimo Saracino nel 1978, in notturna. A tal proposito, devo dire che l’emozione di sfilare ed esibirsi nella propria città in occasione della Giostra non ha eguali.

Come è stato il tuo rientro dopo uno stop abbastanza lungo?

Non ho mai abbandonato il gruppo, seguendone le attività e partecipando spessissimo alle cene sociali. Poi effettivamente, per un periodo, anche a causa di alcune divisioni all’interno dell’Associazione, mi sono un po’ allontanato, anche io come molti altri. Sono rimasto però sempre profondamente legato al Gruppo, che ha proseguito benissimo il suo cammino per tanti anni, anche senza noi “vecchi”, rinnovandosi continuamente con forze giovani e brillanti, facendosi apprezzare in tutto il mondo. La nuova classe dirigente, negli ultimi anni, ha saputo favorire il rientro della “storia” del gruppo e di tutte quelle persone che si erano un po’ allontanate. È stata una cosa importantissima e il merito va a coloro che hanno lavorato per questo.

Nel 2015, grazie all’attuale Direttore Tecnico Stefano Giorgini, sei anche tornato a sbandierare in Piazza. Quali emozioni hai provato nel riprendere in mano la bandiera dopo qualche anno di inattività?

Con l’apertura fatta dal Direttore Tecnico e dal Consiglio Direttivo di quegli anni, nel 2015 abbiamo avuto la possibilità di ritornare ad allenarci al Palazzetto insieme al gruppo attivo, in preparazione della Giostra Straordinaria del 2016 e questo ha consentito il riavvicinamento di tante persone che negli anni si erano allontanate per vari motivi. Il giorno della Giostra del Saracino è stata una delle emozioni più importanti e forti della mia vita. Rientrare in Piazza Grande dopo 38 anni, con il mio costume e la mia bandiera, nel giorno del mio compleanno è stato veramente qualcosa di meraviglioso. Vorrei veramente trovare il modo di trasmettere queste sensazioni ai più giovani. Devono capire cosa davvero può dar loro il Gruppo Sbandieratori, perché a me ha dato tanto. Io, tra l’altro, conservo ancora l’asta e un pezzo del drappo della mia prima bandiera. All’epoca infatti, essendo pochi, ci veniva assegnato un costume completo che custodivamo a casa.

Hai qualche consiglio o suggerimento da darci?

Sono sicuro che la scuola di formazione per i giovanissimi, che purtroppo non è partita a causa dell’emergenza Covid-19, sia un progetto interessantissimo. È molto più facile, al giorno d’oggi, attrarre e far appassionare i ragazzini di 10-12 anni. Quello è il futuro e sono felice di poter dare una mano nell’ambito di questo progetto.

Se posso permettermi una piccola critica costruttiva, credo che si debba migliorare nella gestione degli allenamenti. Penso che i giovani dovrebbero partecipare di più, forse essere più coinvolti. Si dovrebbe probabilmente trovare il modo di farli sentire più partecipi e meno distanti. Inoltre, anche in considerazione del fatto che in questi ultimi anni il Gruppo si è dotato di una bellissima sede sociale in un contesto storico stupendo, mi piacerebbe vedere una presenza più massiccia e costante dei nuovi allievi alle varie iniziative organizzate dall’Associazione. Infine bisognerebbe far sì, non so come, che entrare nel Gruppo torni ad essere considerato un privilegio, come era in passato, diciamo una cosa “non per tutti”.

Qualche idea per la nostra Associazione?

Sinceramente credo che tutti dobbiamo lavorare per avvicinare qualche personaggio importante, visto che ad Arezzo ce ne sono molti. Ricordo che ai nostri tempi ce n’erano diversi all’interno dell’Associazione. Penso a personalità come il Dott. Dissennati, il Dott. Mellini o il Prof. Pasquini. Oggi, di figure di questo tipo ne vedo meno e credo che con la buona volontà di tutti, me compreso, se ne possano avvicinare diverse, coinvolgendole attivamente nella vita dell’Associazione.

Infine, consentimi un’ultima riflessione che mi piacerebbe condividere con il Consiglio Direttivo: riterrei importante, sulla scia del libro voluto dal Professor Dini nel 2010, cercare di istituzionalizzare una sorta di “Comitato”, composto da 2 o 3 persone per ogni generazione, incaricato di gestire costantemente il rapporto tra “vecchi” e “giovani”, in modo da mantenere sempre vivi ricordi e testimonianze.

Concludo con un sincero ringraziamento nei confronti del Consiglio Direttivo e del Gruppo attivo per l’importante accoglienza che mi hanno sempre riservato, in ogni occasione.


 

da “L’Alfiere” – n. II – 2020, pagg. 12-13